Le promesse di Draghi
La Banca centrale europea sta mantenendo la parola data: “La politica monetaria resterà accomodante finché necessario, secondo quanto già indicato a luglio”. A ribadirlo ci ha pensato proprio il presidente dell’Eurotower, Mario Draghi, nell’ultima riunione del 5 settembre in cui ha spiegato che “i tassi di interesse resteranno allo 0,5% (il minimo storico toccato dallo scorso maggio) o a livelli più bassi ancora a lungo”. Una decisione motivata dai “rischi al ribasso sulla crescita” spinti dalle tensioni per la Siria, dalla disoccupazione nell’Eurozona che resta elevata e dalle difficili prospettive di crescita di alcuni Paesi tra cui l’Italia.
Cosa interessa ai mutuatari di questa notizia? Detto subito che si tratta di un bell’annuncio, meglio ricordare che la decisione di non modificare il costo del denaro si ripercuote positivamente anche sull’Euribor, vale a dire l’indice di riferimento del mutuo a tasso variabile. Lasciando, infatti, invariato questo valore le rate del prestito per la casa resteranno basse. Tanto che anche l’Euribor è ai minimi storici: a tre mesi vale 0,23%, a sei mesi lo 0,35%, mentre a un mese poco più che lo 0,13%.
Eppure qualche cosa si muove. Spulciando, infatti, lo storico dell’Euribor si scopre che nel 2013 quasi impercettibilmente, ma comunque concretamente, il tasso è aumentato. I numeri sono chiari: se a gennaio il valore medio trimestrale (il più utilizzato per calcolare la rata del mutuo) era allo 0,20%, a febbraio è salito allo 0,22%, a maggio è sceso nuovamente allo 0,2% per tornare a salire dall’inizio dell’estate. Tuttavia, anche se stiamo parlando di millesimi, l’oscillazione equivale comunque a una variazione di un euro o poco meno nel bollettino da pagare a fine mese. Del resto se si sottoscrive un prestito a tasso variabile, si deve anche tenere in conto di non conoscere l’importo da pagare e che, nonostante le stime, l’economia è gravemente malata e potrebbe subire modifiche improvvise.
Ancorati ai numeri, ricordiamo che secondo gli analisti l’Euribor a 3 mesi resterà stabile per tutto quest’anno e per il prossimo con una quotazione dell’1% che si raggiungerà solamente a fine 2015. Meravigliose prospettive per i mutuatari o per gli aspiranti tali che, tuttavia, non hanno fatto i conti con la crisi del mattone causata dalla restrizione del credito. La mancata erogazione dei mutui dalla parte delle banche ha, infatti, causato nel 2012 una contrazione del 40% degli acquisti delle case finanziate da un mutuo, con le erogazioni dimezzate: dai quasi 56 miliardi di euro del 2010 ai poco più di 25 miliardi del 2012 fino ai 23,8 miliardi che Nomisma prevede per il 2013. Il tutto mentre i prezzi delle case sono calati del 20-25% dall’inizio della crisi.
O almeno così abbiamo sempre letto dai rapporti pubblicati fin qui. Ora, invece, c’è stato uno squarcio in un cielo cupo e grigio e, a far uscire l’arcobaleno, ci ha pensato Crif secondo cui - a sorpresa - è aumentata la domanda estiva di mutui. Ad agosto le richieste di prestiti ipotecari da parte delle famiglie sono cresciute del 4,1% rispetto allo stesso mese del 2012.
Così, dopo oltre 2 anni e mezzo di profonda crisi, per il secondo mese consecutivo le richieste di mutui registrano un segno positivo.
Se si tratti di un’inversione di tendenza, dopo aver toccato i minimi storici nella prima parte dell’anno, è ancora troppo presto per capirlo visto che una rondine non fa primavera. Tuttavia, va evidenziato che - sottolinea Crif - “il dato colpisce in quanto anche nel primo semestre del 2013 la domanda si era confermata decisamente debole e selettiva, scontando la perdurante fragilità del quadro congiunturale”.
Dall’analisi risulta anche che l’importo medio richiesto ad agosto è stato pari a 126.167 euro, confermando una sostanziale stabilità rispetto ai dati rilevati nei 7 mesi precedenti. Per quanto riguarda la durata dei mutui richiesti, invece, la classe compresa tra i 25 e i 30 anni continua ad essere la preferita dagli italiani (28,4% del totale, anche se in calo di 2 punti percentuali rispetto al corrispondente periodo 2012). Relativamente all’età dei richiedenti, infine, la fascia tra i 35 e i 44 anni è la prevalente, con una quota del 34,1%, seguita da quella tra i 25 e i 34 anni (29,1%).
9 September 2013 di Patrizia De Rubertis
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