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Interessi passivi sui mutui, una bussola per la detrazione

9 lug 2019 | 5 min di lettura | Pubblicato da Cristina B.

Limiti diversi se si guarda alla finalità del mutuo

Rigo E7, a molti questa dicitura può non dir nulla. In realtà è l’indicazione della dichiarazione dei redditi (soprattutto modello 730) relativa alla detrazione sugli interessi passivi per i mutui per l’acquisto della prima casa. Proviamo a dare un po’ di informazioni sul più gettonato degli sconti fiscali, visto anche l’avvicinarsi della scadenza del periodo dichiarativo (termine ultimo per l’invio delle dichiarazioni 23 luglio). In linea di principio, il fisco riconosce uno sconto pari al 19% di un tetto di 4000 euro sulla somma che il contribuente paga agli istituti di credito quando contrae il mutuo, alla voce degli interessi. Per l’Agenzia delle entrate la detrazione spetta con limiti diversi guardando alla finalità per cui è stato contratto il mutuo e anche al periodo di sottoscrizione di quest’ultimo.

Una grossa differenza la fa il mutuo acquisto prima casa. Ad esempio, in questo caso c’è una prima importante eccezione per il coniuge fiscalmente a carico. È previsto che, nel caso in cui il mutuo sia cointestato tra i due coniugi di cui uno a carico dell’altro, il coniuge che ha sostenuto interamente la spesa può fruire della detrazione per entrambe le quote. La condizione di coniuge fiscalmente a carico deve sussistere nell’anno d’imposta in cui si fruisce della detrazione. Mentre nei mutui per acquisto di altri immobili questa possibilità non è concessa.

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In linea generale, in caso di mutuo intestato a più soggetti, ogni cointestatario può fruire della detrazione unicamente per la propria quota di interessi nei limiti previsti da ogni tipologia e quindi non è possibile portare in detrazione la quota degli interessi sostenuti per conto di familiari fiscalmente a carico.

Per avere un riferimento normativo sulla detrazione legata all’abitazione principale, bisogna far riferimento all’articolo 15 del Testo unico imposte sui redditi (Tuir). La disposizione prevede che, in presenza di un mutuo ipotecario contratto per l’acquisto dell’unità immobiliare da adibire ad abitazione principale e delle sue pertinenze, spetta, come detto in precedenza, una detrazione dall’imposta lorda pari al 19 per cento degli interessi passivi e relativi oneri accessori, nonché delle quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione.

La detrazione spetta solo per il periodo in cui l’immobile è utilizzato come abitazione principale. Ci sono delle situazioni però in cui il Fisco fa conservare al contribuente il diritto alla detrazione, anche se egli non si trova fisicamente in quella abitazione. Non si perde il diritto alla detrazione nei seguenti casi: trasferimento per motivi di lavoro (sia esso anche all’estero), ricovero in strutture sanitarie, dipendenti forze armate.

In particolare, nel caso del trasferimento per motivi di lavoro, il diritto alla detrazione rimane se permane l’esigenza lavorativa che ha determinato lo spostamento della dimora abituale e se il contribuente, nel frattempo, non abbia acquistato un immobile da adibire ad abitazione principale. La detrazione non si perde neanche se l’immobile viene locato.

Un’altra informazione che è utile conoscere riguarda il tempo entro cui si conserva il diritto alla detrazione. Per i mutui stipulati dal 2001, la detrazione spetta a condizione che la casa sia adibita ad abitazione principale entro un anno dalla data di acquisto e che l’acquisto sia avvenuto nell’anno antecedente o successivo alla data di stipulazione del mutuo.

Per fruire della detrazione, deve sussistere una doppia qualifica per il contribuente: quella di intestatario del mutuo e proprietario della casa, anche se non deve esserci corrispondenza tra la quota di proprietà e la quota di detrazione spettante per gli interessi passivi; il requisito congiunto di “acquirente e mutuatario” è, pertanto, sempre necessario.

Il fisco riconosce lo sconto anche nel caso di un mutuo ipotecario acceso per l’acquisto di un’ulteriore unità immobiliare adiacente all’abitazione principale, finalizzata al suo ampliamento, purché anche il secondo mutuo sia stipulato per l’acquisto dell’abitazione principale e ciò risulti dal contratto di acquisto dell’immobile, dal contratto di mutuo o da altra documentazione rilasciata dalla banca. La detrazione può essere fruita solo dopo che sia stato realizzato l’accorpamento delle due unità immobiliari, le quali devono risultare dalle visure catastali quale unica abitazione principale.

Per usufruire dello sconto del 19% bisogna dimostrare che si tratta dell’abitazione principale. Per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente o i suoi familiari dimorano abitualmente, ed è il contribuente che attesta o autocertifica questa condizione di fronte a chi prepara la dichiarazione dei redditi.

Nel caso di separazione legale, infine, rientra tra i familiari anche il coniuge separato, finché non intervenga l’annotazione della sentenza di divorzio.

Dopo il divorzio, considerato che l’ex coniuge non può più essere considerato un familiare, il beneficio spetta solo se nell’immobile, gravato da mutuo, risiedano familiari diversi dall’ex coniuge quali, ad esempio, i figli.

Ultimo caso da ricordare è quello di due coniugi cointestatari di un mutuo che acquistano l’immobile adibito ad abitazione principale e, successivamente, un coniuge dona all’altro la propria quota di proprietà. Il coniuge donatario continua a fruire della detrazione degli interessi derivanti dal mutuo cointestato calcolata su un ammontare massimo di euro 2.000. Se nello stesso anno il coniuge cedente acquista una nuova abitazione e stipula, quale unico intestatario, un mutuo, potrà continuare a fruire, per il periodo di tempo in cui era oltre che mutuatario anche comproprietario dell’immobile donato, della detrazione per gli interessi passivi per la parte rimasta a suo carico (50 per cento). Inoltre, ricorrendone ogni altro presupposto di legge, potrà usufruire anche della detrazione delle spese ammesse per il secondo mutuo per un importo complessivo annuo non superiore al limite massimo di euro 4.000.

9 July 2019 di Cristina Bartelli

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