Dal tasso variabile al fisso
La legge di bilancio 2023 riapre le porte al passaggio da tasso variabile a fisso per la rinegoziazione dei mutui. La disposizione fa rivivere una norma del 2011 applicata fino al 31 dicembre 2012. La normativa resta uguale, si aggiornano soltanto i riferimenti temporali sia rispetto ai contratti su cui è applicabile sia sul tempo di vigenza della norma. Ma procediamo con ordine.
Come passare dal variabile al fisso
La disciplina era contenuta nel dl 70/11, si è applicata ai contratti di mutuo fino al 2012. Ora la nuova norma riapre quel meccanismo e consente di rinegoziare i mutui ipotecari passando dal tasso variabile al tasso fisso ponendo però delle condizioni all’accesso. Dunque il passaggio obbligato da variabile a fisso si applicherà fino al 31 dicembre 2023 e riguarderà tutti i contratti di finanziamento esistenti all’entrata in vigore della legge di bilancio e cioè il primo gennaio 2023.
Ricapitolando per punti, la rinegoziazione “obbligata” si applica a:
- mutui stipulati, ovvero accollati anche a seguito di frazionamento, all’entrata in vigore della legge di bilancio (entro il primo gennaio 2023);
- aventi un importo originario non superiore a 200 mila euro;
- finalizzati all’acquisto o alla ristrutturazione di unità immobiliari adibite ad abitazione;
- con tasso e a rata variabile per tutta la durata del contratto.
Dunque sono quattro i paletti che riguardano il contratto, paletti temporali, di importo e di destinazione a cui si aggiunge anche quello economico per le condizioni del mutuatario.
Per richiedere il mutuo, il mutuatario potrà rivolgersi alla banca a condizione che abbia un Isee (indicatore situazione economica equivalente) al momento della richiesta non superiore a 35 mila euro; ultima condizione, non meno importante è che il mutuatario non abbia morosità, sia cioè in regola con il pagamento delle rate del mutuo.
La rinegoziazione assicura, secondo i criteri approvati nel 2011, e riaperti ora, l’applicazione, in luogo del tasso variabile, di un tasso annuo nominale fisso con limiti quantitativi prefissati. Secondo quanto riportato dalla relazione di accompagnamento della disposizione: “Un tasso non superiore al tasso che si ottiene in base al minore tra l’Irs (interest rate swap) in euro a 10 anni e l’Irs in euro di durata pari alla durata residua del mutuo (se questo dato non è disponibile si fa riferimento alla quotazione dell’Irs per la durata precedente come da data di rinegoziazione alla pagina ISDAFIX 2 del circuito Reuters).”
Come corollario, le disposizioni prevedono anche la possibilità di incidere sulla durata delle rate al momento della rinegoziazione. È possibile prevedere un allungamento del piano del rimborso per un massimo di cinque anni. Anche qui però sarà necessario rispettare una condizione: che la durata del mutuo ricalcolato non sfori la durata complessiva di 25 anni.
La legge dispone inoltre che le garanzie ipotecarie prestate al mutuo originario permangono. La rinegoziazione si applica anche al finanziamento erogato dalla banca al mutuatario in qualità di debitore ceduto nell’ambito di un’operazione di cartolarizzazione con cessione dei crediti, ovvero di emissione di obbligazioni bancarie garantite.
Il rialzo dei tassi
L’inflazione e la stretta sui tassi applicata dalla Bce infiamma il mercato dei mutui, e quella del governo italiano è una misura che prova a gettare acqua sul fuoco dei rialzi. Una recentissima indagine di Facile.it ha calcolato che nell’ultimo anno le rate di un mutuo medio a tasso variabile hanno subito un aumento del 36%. In buona sostanza chi pagava 456 euro di rata al mese a fine anno si trova a sborsare 619 euro al mese.
Gli esperti di Facile.it hanno preso in esame un finanziamento con tasso variabile da 126 mila euro per 25 anni sottoscritto nel gennaio 2022, scoprendo che a soli 12 mesi dalla stipula del mutuo il mutuatario paga una rata di 160 euro in più rispetto a quella di partenza. Il tasso iniziale era 0,67% e ora è 3,33%.
Le prospettive non sono rosee in quanto la Bce ha annunciato che non ci sono segni di cambi di orientamento e che anche nel 2023 percorrerà la strada dell’aumento dei tassi per il costo del denaro. Scelta che avrà inevitabilmente un impatto anche sulle rate dei mutuatari.
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