Bonus prima casa, Fisco solo per sposati
Bonus prima casa: c’è differenza tra una coppia di conviventi e una coppia sposata, per il fisco. Non si applica ai conviventi la disposizione che consente di mantenere i benefici prima casa, nella regolamentazione degli aspetti patrimoniali tra coniugi in fase di separazione, con riferimento al trasferimento della quota di proprietà della casa prima dei cinque anni. Vediamo meglio il caso affrontato dalla cassazione con la sentenza 20956/22.
Il caso
Una coppia di fatto, conviventi, acquista la propria abitazione, secondo le agevolazioni previste per la prima casa. Dopo qualche anno il rapporto di convivenza si conclude, ma resta l’immobile di proprietà al 50% e il mutuo cointestato. Per regolare i rapporti patrimoniali, una parte cede la quota di immobile all’ex e quest’ultimo procede all’ accollo di mutuo. La parte che ha ceduto la quota dell’immobile non rispetta però, la disposizione fiscale che prevede, in caso di vendita della prima casa, prima dei cinque anni, il riacquisto di nuovo immobile entro l’anno, e perde il beneficio di cui ha usufruito in passato, con l’Agenzia delle entrate che bussa per richiedere le differenze in imposte, sanzioni e interessi. La parte non ci sta e fa ricorso, vincendo sia in commissione tributaria provinciale, sia regionale. La questione arriva in cassazione che ribalta il giudizio a favore del fisco.
La decisione
Il punto da cui partire è la disposizione articolo 19 legge 1987 n. 74 come modificato anche dalla corte costituzionale sull’esenzione di imposte nel regime patrimoniale dei coniugi in separazione. La disposizione antepone il favore dei coniugi nel momento della regolazione dei rapporti patrimoniali durante la separazione escludendo ripercussioni fiscali sfavorevoli dagli accordi intervenuti in quella sede.
Per la cassazione la situazione in cui si è trovata una parte della coppia, quella cioè di non riuscire a riacquistare entro l’anno una nuova prima casa pe problemi di liquidità, non rientrerebbe nelle cause di forza maggiore per cui, in buona sostanza, il fisco dovrebbe chiudere un occhio essendo capitata una situazione che non ha consentito il rispetto delle condizioni previste dalla legge per la prima casa e i tempi di riacquisto.
La mancanza di liquidità portata dalla parte come elemento di causa di forza maggiore non blocca la procedura di recupero, da parte delle Entrate di imposte, sanzioni e interessi.
Allo stesso modo non si applica al caso la valutazione che la giurisprudenza ha fatto della norma sulla separazione dei coniugi. La legge cirinnà, l. 76/2016, che ha introdotto l’equiparazione delle coppie di fatto al matrimonio, non ha regolamentato gli aspetti fiscali. Per la crisi delle convivenze non è stato previsto un procedimento analogo a quello per la separazione dei coniugi sugli aspetti patrimoniali e per i giudici non si puo’ forzare la norma con una applicazione estensiva.
Orientamento costante della corte di cassazione è quello per cui il trasferimento per effetto di un accordo tra coniugi in sede di separazione personale non comporta la decadenza dei benefici fiscali e che la disposizione (l’articolo 19, l. 74/87) non distingue tra gli atti eseguiti all’interno della famiglia e nei confronti di terzi, essendo la finalità della disposizione quella di favorire la complessiva negoziazione dei rapporti patrimoniali tra i coniugi, escludendo che derivino ripercussioni fiscali sfavorevoli dagli accordi intervenuti in quella sede. Orientamento precluso al caso in esame perché si tratta di coppia convivente e non sposata.
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