Agevolazione prima casa protetta
Uno dei motivi per cui si perdono i vantaggi fiscali legati all’acquisto della prima casa (aliquote fiscali più basse che in caso di decadenza bisognerà restituire con sanzioni e interessi) è quello di aver lasciato decorrere i 18 mesi previsti per cambiare residenza dal momento dell’acquisto dell’immobile.
La Corte di Cassazione ha affrontato una delle tante variazioni sul tema in una ordinanza di settembre 2022 (ordinanza n. 26604 del 9 settembre 2022) ed ha dato ragione al contribuente.
Il caso
Tra le disposizioni di agevolazioni fiscali, per chi acquista la prima casa, c’è quella che concede al contribuente di trasferire la propria residenza se abita in un comune diverso da quello dell’immobile acquistato e in costruzione, entro 18 mesi dal rogito. Se lascia passare questo tempo invano decade dalle agevolazioni fiscali.
Il protagonista della vicenda, nell’arco di tempo stabilito dalla legge, ha inviato una richiesta di parere all’Agenzia delle Entrate. L’Agenzia ha dato ragione alla tesi prospettata dal contribuente dicendogli che poteva calcolare i 18 mesi non dalla firma dell’acquisto davanti al notaio (rogito) ma da quando avrebbe avuto l’agibilità dell’immobile in costruzione; nel frattempo, però, la stessa Agenzia (ufficio diverso) aveva negato l’agevolazione procedendo al recupero della somma. Da qui il contenzioso che è arrivato fino alla Corte di Cassazione.
Il nodo interpretativo
Nella richiesta di parere il contribuente aveva chiesto all’Agenzia se i 18 mesi, per il trasferimento della residenza, decorrevano dalla stipula del rogito o dalla data di ultimazione dei lavori. Una differenza non di poco conto proprio ai fini del calcolo del tempo in cui rispettare la norma.
Il contribuente, attenendosi alla risposta fornita dall’Agenzia, conforme alla sua tesi, aveva rispettato i 18 mesi ma calcolandoli dalla data di ultimazione dei lavori. E non dal rogito. Un ufficio dell’Agenzia arrivava, nel frattempo, a contestare questa procedura, notificando l’accertamento, perché, per l’ufficio il contribuente avrebbe dovuto spostare la residenza nei 18 mesi dalla data del rogito.
Il giudizio
Nel primo grado di giudizio al contribuente era stato dato torto considerando corretto l’accertamento delle Entrate e il conseguente ricalcolo dell’imposta di registro con aliquota ordinaria. Il giudice ha dato rilievo al concetto di trasferire la residenza in un immobile anche non ultimato e non di andarci a vivere realmente. Il grado successivo di giudizio ha aperto uno spiraglio al contribuente, considerando l’elemento della presentazione dell’interpello allo stesso Fisco che ha scritto un parere e ha agito in maniera diversa.
Il contribuente non si è arreso ed è arrivato fino alla Corte di Cassazione che ha ribaltato le decisioni dei primi due gradi di giudizio annullando l’avviso di accertamento, dando ragione al contribuente e per quello che ci interessa fornendo una interessante interpretazione.
La decisione della corte di cassazione
Il ricorrente ha richiesto all’amministrazione una consulenza giuridica sulla corretta applicazione della norma tributaria e ha ricevuto risposta che i 18 mesi si intendono dalla ultimazione dei lavori e dall’abitabilità dell’immobile. I giudici hanno applicato quello che dice la norma dello statuto del contribuente (legge 212/2000 che stabilisce che qualunque atto emanato in difformità della risposta è da ritenersi nullo).
Dunque gli interpelli sono equiparati come effetti a decisioni di prassi amministrativa vincolanti per chi li richiede.
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