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Mutuo e costo del denaro

21 mag 2013 | 3 min di lettura | Pubblicato da

Il trend del comparto del mattone è negativo e le prospettive future continuano a restare incerte. Sono molti gli indicatori ufficiali che attestano come il credit crunch stringa in una morsa micidiale. Ma non si tratta solo degli aspiranti mutuatari e di tutte le famiglie che si vedono negare l’erogazione di un prestito per la casa. Anche il settore immobiliare segna un profondo rosso con le compravendite giù a picco in tutta Italia.

I numeri li conosciamo bene. Secondo il “Rapporto immobiliare 2013” realizzato dall’Osservatorio dell’Agenzia delle Entrate in collaborazione con l’Associazione bancaria italiana, nel 2012 la casa ha subito un crollo con le compravendite sono scese a quota 448mila. Un livello pessimo che ci fa tornare ai livelli del 1985. Mentre, sempre lo scorso anno, le erogazioni dei mutui si sono dimezzate non solo perché a causa delle crisi gli italiani non hanno più le risorse economiche per comprare casa, ma soprattutto perché allo sportello delle banche difficilmente si riesce ad arrivare con gli spread sui mutui che restano ancora abbondantemente sopra il 3% nel caso di un variabile e il 4% per un fisso.

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Uno stallo, insomma, a cui la Banca centrale europea ha cercato di porvi rimedio il 2 maggio quando il Consiglio direttivo ha preso tre importanti decisioni per sostenere un’economia in affanno e con prospettive di ripresa in peggioramento. In particolare, l’Eurotower ha annunciato una politica monetaria più accomodante con liquidità illimitata per le banche fino a metà 2014, nuove misure per l’accesso al credito delle imprese e, soprattutto, il taglio del costo del denaro dello 0,25% con i tassi di riferimento scesi così allo 0,5%. Un livello che segna il nuovo minimo storico.

Una decisione, quest’ultima, che ha conseguenze positive sulla vita dei mutuatari, ma non così evidenti come si potrebbe pensare: il risparmio che si otterrà a fine mese, infatti, non supererà una manciata di euro.

I calcoli li hanno fatti le associazioni dei consumatori. Secondo Adusbef e Federconsumatori per un mutuo di 100.000 euro il risparmio varia tra i 168 euro e i 132 euro l’anno (rispettivamente 14 euro e 11 euro mensili) a seconda della durata del prestito (30 o 10 anni). Benefici in vista anche per i nuovi mutuatari a tasso fisso: le rate si alleggeriscono di 156 euro l’anno nel caso di un mutuo di 100mila euro a 10 anni e fino a 372 euro per un mutuo da 200mila euro a 30 anni.

Risparmi che, tuttavia, sono da considerarsi sovrastimati, visto che i mutui a tasso variabile agganciati al tasso di riferimento interbancario Euribor hanno già scontato negli scorsi mesi i vantaggi di un costo del denaro così basso. Basti pensare che da parecchi mesi l’Euribor a 1 e a 3 mesi viaggia poco sopra lo zero con il primo che in questi giorni vale lo 0,11%, mentre il secondo lo 0,2%. Percentuali già più basse dello 0,5% che rappresenta l’attuale costo del denaro.

Ecco perché l’effetto risparmio - oltre a riguardare i pochissimi mutuatari che hanno sottoscritto un prestito con il tasso di riferimento Bce - potrebbe consentire un risparmio di pochi euro. E, poi, non va mai dimenticato che sul tasso finale si deve sempre considerare lo spread applicato dalla banca.

Così, meglio non attendersi un vantaggio economico eclatante che potrà abbassare ulteriormente l’importo dei bollettini da pagare a fine mese. Quello che, invece, va analizzato è il risultato che si potrà ottenere in un medio periodo. I mutuatari a tasso variabile possono dormire sonni tranquilli almeno fino a metà del 2017 sul fronte dell’Euribor che, proprio a causa della sforbiciata decisa dalla Bce sul costo del denaro, comincerà a risalire solo tra quattro anni. I mercati, dicono gli analisti, si attendono che i contratti future sull’Euribor a 3 mesi (così si chiamano le contrattazioni che decidono il valore del tasso) risaliranno sopra l’1% solo a partire dal giugno 2017.

21 May 2013 di Patrizia De Rubertis

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