Le banche lasciano l'Euribor
L’attuale spread applicato dalle banche su un prestito per la casa è una della cause che spinge migliaia di mutuatari a rimandarne l’accensione. Basti pensare che in media il guadagno applicato sui mutui a tasso variabile supera il 3%, mentre per quelli a tasso fisso la media sfonda il muro del 4%. Tanto che a livello europeo l’Italia vanta uno dei tassi più alti.
Ma i fortunati che possono permettersi economicamente di non lascarsi scoraggiare da questo elemento devono, poi, comunque confrontarsi con un altro paletto: la valutazione fin troppo scrupolosa delle credenziali creditizie e redditizie che limita quasi totalmente l’erogazione.
Un’enorme barriera che impedisce agli italiani di poter sfruttare una condizione di mercato molto vantaggiosa, visto che questa crisi una conseguenza positiva ce l’ha: il costo del denaro ai minimi storici rende estremamente bassi i tassi Euribor ed Eurirs, vale a dire i parametri utilizzati da tutte le banche per determinare i tassi di interesse da applicare sui mutui a tasso variabile e fisso e che insieme allo spread concorrono a determinare il tasso finale da applicare al prestito.
Indici che, tuttavia, mai come in queste settimane sono al centro dell’attenzione dello scenario finanziario internazionale a causa dello scandalo che ha travolto il Libor (London Interbank offered rate), l’omologo inglese dell’Euribor. Meglio ricordare che la Barclays e l’Ubs hanno versato rispettivamente 453 milioni di dollari e 1,5 miliardi di dollari alle autorità americane e britanniche per chiudere un procedimento basato sull’accusa di aver manipolato negli scorsi anni le quotazioni degli indici a proprio vantaggio. Innalzando, infatti, il Libor anche di qualche centesimo si smuove un giro d’affari impressionante visto che sono legati a questo tasso più di 800mila miliardi di dollari tra titoli, prestiti a tasso variabile e derivati.
E con lo stesso meccanismo è stato manipolato anche l’Euribor che viene determinato dall’European Banking Federation, cioè un panel di quaranta banche del Vecchio Continente - tra cui le italiane Intesa Sanpaolo, UniCredit, Mps e Ubi - che ogni giorno fissa l’indice su varie scadenze temporali. Per quanto riguarda i mutui la più utilizzata è quella a 3 mesi.
Ad accertarne le responsabilità è stata un’analisi svolta dall’European Securities and Markets Authority (che controlla i mercati finanziari europei) e dall’European Banking Authority (l’autorità bancaria paneuropea) che in un rapporto hanno evidenziato le “gravi carenze” nel meccanismo di fissazione dell’Euribor.
Le due autorità hanno, quindi, rivolto una serie di raccomandazioni all’European Banking Federation spiegando che l’organismo non è esente dalla responsabilità di stabilire e diffondere il tasso interbancario. Tanto che l’Antitrust di Bruxelles non solo a fine novembre ha aperto un’indagine su dodici istituti bancari, ma è ancora al lavoro per modificare le regole meccanismo, impedendo così di manipolarne i tassi.
Un’importante decisione che tra le prime conseguenze ha causato l’abbandono di tre banche dal panel. Si tratta di Raiffeisen Bank International che ha deciso di uscire il 15 gennaio, mentre la scorsa settimana lo hanno annunciato l’olandese Rabobank e la tedesca BayernLB. Non dimenticando che Citigroup e DekaBank si sono sfilate nel 2012.
La principale ragione che hanno addotto gli istituti è che il business interbancario è in fase calante e che non vedono più la necessità di essere presenti nel panel. Il che tradotto vuol dire che le banche non vogliono partecipare al disastro finanziario che si potrebbe abbattere nei prossimi mesi se si accertasse che il meccanismo di fissazione dell’Euribor è stato manipolato facendo scoppiare l’ennesimo scandalo.
Intanto dopo che nell’ultima conferenza stampa il governatore della Banca centrale europea, Mario Draghi, non ha fatto cenno alla possibilità di portare i tassi dei depositi sotto zero, l’Euribor è tornato a salire. La scadenza a 3 mesi ora tocca il livello massimo dallo scorso 19ottobre, passando dallo 0,201% allo 0,204.
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