Aumentano le aste da pignoramento ma diminuiscono i compratori
Pubblicato il 3 May 2013
Per colpa della crisi e delle difficoltà economiche sempre più pressanti aumentano in numero esponenziale gli immobili che finiscono all'asta, causa pignoramento o avvio di procedura fallimentare per qualche azienda. Secondo il rapporto firmato da Adusbef e Federconsumatori, i pignoramenti hanno subito un boom con 8.512 provvedimenti in più nel 2012 rispetto al 2011: nello stesso periodo, esecuzioni immobiliari e pignoramenti sono aumentati del 22,8%, oltre 46mila famiglie, diventate insolventi in relazione al mancato pagamento delle rate dei mutui, sono state costrette ad abbandonare l'abitazione. Sempre secondo il rapporto Adusbef-Federconsumatori, negli ultimi cinque anni i pignoramenti sono raddoppiati, con 100.000 case mandate all'asta.
Nonostante tutto però, anche se le aste immobiliari crescono di numero, sempre più spesso vanno deserte e i compratori difficilmente si fanno avanti. Lo confermano i dati del ministero di Giustizia, secondo cui, nei primi sei mesi dell'anno scorso gli immobili battuti all'asta sono saliti a 22.895, in aumento del 18% rispetto al 2011 mentre invece le vendite giudiziarie hanno segnato un andamento inversamente proporzionale, si sono cioè ridotte del 4,5% rispetto al 2011, attestandosi a 4.700 vendite.
Quali sono dunque i motivi del fallimento delle aste? Vediamo. Spesso il prezzo dell'immobile si dimezza e diventa ben più appetibile, ma l'asta va deserta per scarsa trasparenza oppure per impreparazione dei potenziali compratori. C'è poi sempre in agguato il “fattore diffidenza”: in tanti coloro, pur possedendo parecchie sostanze da investire, diffidano di un immobile che non venga venduto tramite procedure convenzionali.
Non solo: fino a pochi anni fa le aste giudiziarie erano molto frequentate. Anche se in prima battuta l'immobile restava in casa, al secondo o al terzo tentativo l'affare andava in porto. Oggi non è più così perché spesso mancano gli acquirenti. Secondo gli esperti, la verità è che non ci sono i soldi: manca la liquidità, le banche non fanno credito e l'acquirente si tiene quel poco (o tanto) che ha. Prima della crisi, fanno notare gli esperti del settore, le aste erano combattute, c'erano rilanci ripetuti e, alla fine, gli immobili venivano piazzati generalmente a un prezzo superiore del 30% o del 40% su quello di partenza. Adesso, anche se le proposte vengono a moltiplicarsi e sono ancora più vantaggiose, non si riesce a vendere neanche con ribassi del 50% o del 60%. Le persone continuano a essere interessate all'oggetto: navigano su internet sui siti specializzati alla ricerca dell'offerta migliore, si informano alacremente sulle aste messe in calendario dai tribunali, poi però, al momento di fare i conti, si tirano indietro perché nella maggioranza dei casi i soldi non ci sono: i valori degli immobili in genere sono ottimi, ma le tasche degli acquirenti sono vuote oppure hanno importi di entità insufficiente, che inducono a stare ben coperti e a non spendere nemmeno in affari certi.
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Il profilo dell'autore
Franco Canevesio Franco Canevesio, genovese, è giornalista professionista specializzato in economia e Borsa.
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