I giovani vogliono lo smart working
Ripercussioni anche sul mercato immobiliare
Pubblicato il 24 May 2023
Stipendio e ambizione contano, ma la Generazione Z cerca anche un'altra cosa: il lavoro agile. Il 63% dei ragazzi e delle ragazze indica lo smart working come un elemento che condiziona la scelta del posto di lavoro. Vuol dire che, tra i 18-26 anni, due su tre cercano un'occupazione che permetta un'organizzazione quantomeno ibrida.
Il quadro emerge dallo studio Future-Proof, condotto da Dell Technologies, in collaborazione con la società di ricerche Savanta ComRes.
Gli effetti dello smart working
Il lavoro agile è diminuito rispetto al picco post-lockdown. Ma, secondo l'Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, gli italiani che nel 2022 hanno lavorato (in parte o del tutto) da remoto sono comunque un numero significativo: 3,6 milioni.
Da una parte, quindi, c'è una richiesta crescente di flessibilità. Dall'altra una platea già oggi vasta. La combinazione di questi due fattori potrebbe avere un impatto non solo sul mondo lavorativo, ma anche - solo per citare due esempi - su quello della formazione e sull'immobiliare.
Il tema competenze
Lavorare da remoto obbliga ad avere competenze digitali più spiccate. E qui, sottolinea lo studio, entra in gioco la scuola italiana che – a detta della Gen Z – pecca dal punto di vista della preparazione su tematiche digitali e tecnologiche.
Il 50% degli intervistati non sente di aver ricevuto, lungo il proprio percorso di studi che va dai 6 ai 16 anni, una preparazione adeguata a raggiungere i futuri obiettivi. Sempre un giovane su due dichiara di aver appreso a scuola solo competenze informatiche di base. E il 14% ritiene addirittura di non aver ricevuto alcuna istruzione in ambito tecnologico e digitale.
Per colmare il divario nell’ambito delle competenze digitali, il 40% degli italiani intervistati suggerisce di rendere i corsi di tecnologia più interessanti e disponibili a ogni livello dell’istruzione. Il 27% auspica corsi obbligatori fino a 16 anni.
Cambia il modo di abitare
Se la domanda di smart working dovesse, anche in parte, trasformarsi in realtà, anche il mercato immobiliare e dei mutui potrebbe cambiare. Diversi studi hanno dimostrato che il lavoro da remoto favorisce la ricerca di case con spazi aperti o con una stanza in più, da adibire a studio.
Si tende quindi a una metratura più ampia, sacrificando la centralità. Non dovendo andare in ufficio tutti i giorni, infatti, perde importanza la vicinanza con l'ufficio, contribuendo a distribuire la geografia delle compravendite.
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Il profilo dell'autore
Paolo Fiore Giornalista professionista e leccese in trasferta: Bologna, Roma, New York, Milano. Dopo la Scuola di giornalismo Walter Tobagi, ha scritto per Affaritaliani, MF-Milano Finanza, l'Espresso, Startupitalia e Skytg24.it. Si occupa di economia e innovazione per Agi, FocuSicilia e collabora con il gruppo Rcs.
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