Entro fine anno l'Euribor sparirà

Cosa succederà ai mutui degli italiani con la riforma dell’Euribor?

Entro la fine di quest’anno l'Euribor, il parametro utilizzato per determinare il costo degli interessi dei finanziamenti a tasso variabile cambierà pelle.

Introdotto nel 1999 con il debutto dell’euro, l’indice Euribor ha assunto un’importanza via via crescente nel corso del tempo, fino a diventare il “barometro” al quale sono agganciati prestiti per oltre 3 mila miliardi di euro (inclusi i mutui delle famiglie italiane). Ma come cambierà l’indicatore?

Oggi l’Euribor, rilevato quotidianamente, esprime il tasso al quale 20 tra le principali banche europee si prestano denaro per operazioni a termine effettuate sul mercato interbancario, con scadenze diverse (variabili da una settimana a un anno). Per chi contrae un mutuo immobiliare in Italia il tasso di riferimento è l’Euribor a 3 mesi, il quale si muove in territorio negativo da ormai tre anni e mezzo. A tale valore le banche aggiungono poi un differenziale, detto “spread”, determinando così il livello del tasso di interesse del contratto di mutuo, variabile appunto con il modificarsi dell’Euribor.

Nel corso degli anni, tuttavia, questo parametro di indicizzazione ha manifestato alcune lacune, dovute principalmente al fatto di essere frutto di un “accordo” tra un numero ristretto di operatori. Dopo lo scandalo che ha travolto il Libor, un altro dei tassi interbancari più importanti finito al centro di indagini penali a seguito di alcuni comportamenti manipolatori, i regolatori europei hanno deciso nel 2017 di procedere ad una riforma dell’Euribor, con l’obiettivo di renderlo più affidabile, trasparente e al passo con i tempi.

Lo scorso 12 febbraio l’EMMI (European Money Markets Institute) ha pubblicato la bozza aggiornata della metodologia, risultante da una consultazione pubblica alla quale hanno partecipato circa 40 tra istituti di credito, associazioni di categoria ed enti di consulenza. Il nuovo Euribor avrà natura ibrida e sarà calcolato attraverso una complessa serie di algoritmi. Per semplificare, è possibile parlare di un procedimento “a catena”: come prima cosa saranno esaminate le transazioni di mercato realizzate tra le banche che compongono il panel di osservazione; in secondo luogo saranno applicati dei meccanismi correttivi, basati sui dati rilevati per le medesime scadenze nei giorni antecedenti (al fine di limitare la volatilità dell’indicatore, cioè di scongiurare “sbalzi” repentini); terzo, saranno presi in esame anche i tassi interbancari registrati sugli altri mercati. Secondo la tabella di marcia, entro la fine del 2019 i lavori dovrebbero giungere a conclusione.

Sia per chi ha già stipulato un mutuo che poggia sull’Euribor, sia per chi deve richiedere un nuovo mutuo, la novità impatterà di certo. Difficile tuttavia stabilire come. In base alle simulazioni effettuate dall’EMMI, applicando il modello ibrido in corso di perfezionamento al contesto attuale si avrebbe un tasso che differisce dagli 1 ai 5 punti base (cioè dallo 0,01% allo 0,05%) rispetto a quello oggi utilizzato. Differenze minime, quindi.

Non è escluso, tuttavia, che soprattutto nella fase di transizione da un metodo all’altro alcuni istituti di credito potrebbero cautelativamente aumentare gli spread. Chi non vuole andare incontro a sorprese, in ogni caso, può sempre valutare il mutuo a tasso fisso, ancora particolarmente conveniente nell’attuale congiuntura di mercato.

20 February 2019 di

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