Mutuo prima casa: LTV al 49%
Scatta un nuovo campanello d’allarme per i mutui con il suono che si fa sempre più assordante. I numeri che lo dimostrano sono certificati. La scorsa settimana l’Istat (l’Istituto statistico italiano) ha spiegato che a causa del famigerato credit crunch, cioè la chiusura del rubinetto del credito a famiglie e imprese, il mercato immobiliare ha subito un colpo tramortente, visto che negli ultimi quattro mesi del 2011 il numero dei mutui erogati è diminuito del 31,3%, fermandosi a quota 145mila. Si tratta della maggiore contrazione dal 1998.
Ma anche se si considera tutto lo scorso anno, le cose non vanno meglio: la flessione registrata è stata dell’8,4% per i mutui ipotecari (sono stati accesi poco meno di 420mila prestiti) e del -22,9% per quelli senza costituzione d’ipoteca (sono stati poco più di 242mila). Un dato eloquente visto che stiamo parlando di una delle passioni italiche per eccellenza con i tre quarti delle famiglie italiane che vive in una casa di proprietà.
E, come se il quadro non fosse già desolante, bisogna anche sottolineare che rispetto al 2006 - l’anno prima che si abbattesse la tempesta finanziaria partita dagli Stati Uniti con i mutui subprime (cioè quelli che a rischio altissimo di insolvenza sono arrivati nelle pance delle banche europee perché cartolarizzati) - il numero dei prestiti per la casa è sceso del 29%.
Chiarissime ormai a tutti i mutuatari e gli aspiranti proprietari di casa le ragioni che hanno determinato questa situazione. A causa della crisi dei debiti sovrani scoppiata in Europa nella scorsa estate, le banche hanno sbarrato la porta ai clienti in cerca del mutuo per l’acquisto di casa irrigidendo i criteri di offerta nei confronti di tutti e non più solo verso le fasce sempre considerate a rischio, ad esempio i giovani o i lavoratori precari. Del resto questo circolo vizioso lo ha messo nero su bianco anche la Banca d’Italia nella sua relazione annuale di ieri.
Ma non solo le erogazioni si sono ridotte. Anche i costi hanno iniziato a lievitare. Basti pensare che per i nuovi contratti di mutuo a tasso variabile lo scorso marzo la rata è arrivata al 3,9%, il +1,4% rispetto a dicembre 2010 e oltre il doppio dell’area euro. E non è andata meglio a chi ha strappato un mutuo fisso. Sui nuovi contratti a 10 anni i tassi sono saliti dello 0,9%, raggiungendo il 5,2% a marzo. Tant’è che il Taeg (il costo complessivo di un mutuo comprensivo delle commissioni) ha toccato quota 4,5%. Quindi tutte le condizioni contrattuali si sono inasprite, scoraggiando gli aspiranti mutuatari ad entrare in banca.
Un peggioramento per l’accensione di un contratto di mutuo che, a catena, ha portato alla riduzione delle surroghe scese dal 13% al 9%. Ovviamente con tassi e spread così alti difficilmente si trova sul mercato un prodotto migliore di quello che già si ha.
Uno spaccato, questo sui mutui, che si compone di un ultimo tassello. La crisi finanziaria non solo ha portato a meno prestiti per la casa, ma soprattutto a mutui decisamente più leggeri per i pochi fortunati che sono riusciti ad accenderlo. Secondo Mutui.it , infatti, per la prima volta l’importo medio concesso dalle banche per un finanziamento prima casa è sceso al 49% del valore dell’immobile. In altre parole il loan to value all’80% è ormai un miraggio e neanche pagando un prodotto un po’ più caro di 20-30 punti base si riesce ad ottenere un mutuo così elevato, necessario per quanti sono a corto di liquidità. Quindi, gli aspiranti mutuatari che vogliono acquistare casa devono avere in tasca già la metà del prezzo dell'immobile visto che le banche non ne concederanno di più. Le garanzie che gli istituti di credito cercano sono, infatti, sempre più elevate e il prestito poi effettivamente erogato risulta contenuto: 127.000 euro contro una richiesta di 112.000 euro.
Eppure riuscire a ottenere un mutuo sostenibile è possibile se si considerano gli attuali livelli di Euribor ed Eurirs. Il tasso interbancario sui mutui a tasso variabile è al minimo storico dello 0,38%, come a marzo 2010, mentre anche i tassi per i prestiti fissi da 5 a 30 anni sono tutti sotto il 2%.
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