Real estate Italia interessante ma vecchio
28 gen 2025 | 3 min di lettura | Pubblicato da Franco C.
Il mercato immobiliare italiano rimane interessante per gli investitori, anche per quelli internazionali, ma le transazioni riguardano solo in parte minoritaria le nuove costruzioni. È quanto emerge dal rapporto ”European Outlook 2025” di Scenari Immobiliari secondo cui sono molti gli ostacoli che, nel nostro Paese, impediscono all’offerta immobiliare di adeguarsi all’effettiva domanda: non parliamo di mutui prima casa, in questo senso, ma di un real estate che, nel nostro Paese, ripiega sempre più spesso sulla riqualificazione.
Il limite della scarsità di offerta
L'Italia è considerata leader nella crescita immobiliare nel 2024-2025, con un fatturato di settore previsto in crescita del 3,4% entro fine 2024 e del 5,7% nel 2025: dal punto di vista delle compravendite residenziali, la previsione è di una chiusura 2024 a 720 mila transazioni, mentre per il 2025 se ne stimano circa 760 mila, in crescita del 36% rispetto al 2020.
Di queste però, osserva Scenari Immobiliari, oltre il 99% riguarda case vecchie: questo, ovviamente, spinge in alto i prezzi per l’esistente riqualificato, visto che scarseggiano le case nuove. “In tema di residenziale - commenta Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari - l’Italia potrebbe avere un milione di compravendite come in Francia, ma ci fermiamo a 700 mila: questo perché, mentre la Francia costruisce 200 mila case all’anno, noi non arriviamo a 50 mila”.
3,65 milioni di case nuove nei prossimi 25 anni
Sempre secondo il report di Scenari Immobiliari “La casa per la città del futuro”, per fare fronte alla domanda di nuovo residenziale nei prossimi 25 anni si stima dovranno essere realizzate circa 3,65 milioni di nuove abitazioni per un totale di oltre 1.000 miliardi di euro in costruzioni, a cui potrebbero aggiungersi 4,2 miliardi all’anno per la successiva manutenzione delle strutture. Le case, però, saranno ricavate in massima parte da trasformazioni e riconversioni, concentrate nelle principali aree metropolitane: quasi il 5% a Milano, il 3% a Roma e circa l’uno per cento negli altri principali capoluoghi.
I problemi tra domanda di case nuove e offerta
Che non sia un problema di domanda ma di difficoltà di realizzazione è un tema evidenziato anche da Carlo Cottarelli nel suo studio presentato lo scorso ottobre presso l’Università Cattolica di Milano dal titolo “Lo sviluppo immobiliare a Milano: perché si costruiscono poche abitazioni?”. Secondo lo studio, in Italia negli ultimi dieci anni, il numero di abitazioni nuove su 100 vendute è sceso drasticamente, passando da circa venti a meno di dieci.
Nel 2023 l’Italia era ultima tra i Paesi europei nella costruzione di nuove case, con 1,5 abitazioni ogni 1.000 abitanti, contro le 2,5 del Regno Unito, le 3,2 della Germania e le 5,7 della Francia. Si tratta di un calo nella produzione di nuove costruzioni la cui casa, almeno in parte, è da cercare nei vincoli imposti dai piani regolatori. Una parte di colpa secondo Cottarelli ce l'ha l'Ers, l'edilizia residenziale sociale: ridurre i vincoli di ers e velocizzare i tempi morti burocratici, secondo l'esperto, potrebbe aiutare gli imprenditori a riorientarsi verso la realizzazione delle nuove costruzioni.
Aumento costi materie prime
Tra le ragioni del calo delle nuove costruzioni va annoverato l’aumento dei costi delle materie prime, che ha interessato in particolare l’Europa soprattutto nel post pandemia. In generale, in meno di dieci anni si sono registrati aumenti dei prezzi delle case in Europa del 50%, a causa in particolare, secondo Eurostat, dell’aumento dei costi di costruzione e dei tassi ipotecari. I costi di costruzione, peraltro, sono rimasti alti nonostante il costo delle materie prime si sia ridotto nell’ultimo biennio. Basti dire che secondo il Construction Cost Report di Gad-Global Assistance Development, il prezzo dell’acciaio ha visto una riduzione del 37% nel 2023, pur restando più costoso del 25% rispetto al periodo pre-covid: il legno è sceso del 16%.
In generale il costo delle materie prime, pur in calo, è rimasto del 20% superiore rispetto a prima della pandemia.
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